Il WWF Chieti-Pescara ricorda le tante ragioni per dire no. Alle osservazioni, già presentate alla Regione, si è aggiunto un esposto alla Magistratura
Pescara. Nuova riunione domani, 26 giugno, della conferenza di servizi che sta esaminando la richiesta presentata dalla ditta Appalti Engineering s.r.l. per la concessione dell’autorizzazione regionale alla realizzazione e gestione di un impianto di recupero di rifiuti non pericolosi (fresato stradale) in Via Ponte delle Fascine, nel Comune di Chieti. Una questione che va avanti da tempo e per la quale il WWF Chieti-Pescara ha presentato, a tutela dell’ambiente e della salute pubblica, proprie osservazioni in contrarietà al progetto il 16 gennaio e poi di nuovo il 30 maggio, e sulla quale ha recentemente inviato un esposto alla magistratura perché si accertino eventuali irregolarità.
In estrema sintesi il WWF Chieti-Pescara è contrario al progetto perché l’area dell’impianto ricade in zona alluvionale; perché l’intera vallata è in zona di risanamento nel Piano Regionale per la Tutela della Qualità dell’Aria (IT1301 Zona di risanamento metropolitana Pescara-Chieti); perché a poca distanza è presente un centro commerciale frequentato da un numero considerevole di cittadini (ci sono circa 110 negozi, un cinema con 9 sale e 2.800 parcheggi gratuiti) mentre ancora più vicino sorge l’ex vivaio forestale che la Regione sta lodevolmente recuperando (delibera di Giunta del 31.03.2023) attraverso accordi con il Reparto Biodiversità Carabinieri Forestale di Pescara, accordi che prevedono tra l’altro la creazione di un Bosco urbano/arboreto didattico in cui svolgere attività con le scolaresche.
Una situazione nella quale l’impianto in questione genererebbe non poco disagio per una serie di questioni: emissione di rumore ad alto volume dovuto alla movimentazione continua di grossi mezzi da cantiere e soprattutto dall’uso dei mulini per la frantumazione di conglomerati bituminosi (sono previste almeno due fasi, a volte tre, di macinazione del materiale lapideo in miscele di bitumi); l’emissione di forti esalazioni odorigene e di sostanze potenzialmente pericolose per la salute umana dovute al riscaldamento delle miscele costituite da bitumi vergini, specifici additivi “rigeneranti” e il bitume ossidato proveniente dalla fresatura di superfici stradali da ricostituire (il bitume da rigenerare, sottoposto per anni al traffico veicolare, potrebbe contenere idrocarburi e altre sostanze nocive disperse dagli automezzi); la liberazione di elevate quantità di polveri.
Il fatto che allo stato attuale la zona in cui sorge l’attività produttiva e quella circostanti, siano prive di destinazione urbanistica e ricadano fra le cosiddette “aree bianche”, da disciplinare da parte del Comune di Chieti con specifica variante al PRG, non vuol dire che si possa fare ciò che si vuole, ma semplicemente che spetta all’amministrazione municipale, che dovrà ovviamente tenere conto anche delle criticità sin qui evidenziate, valutare quale sia la destinazione più idonea. Si potrebbe anzi ipotizzare, per il benessere dei cittadini e in linea con le politiche europee per il contrasto ai cambiamenti climatici, una totale o almeno parziale rinaturalizzazione. Non a caso del resto al progetto è contrario anche il Comune di Chieti che, con una nota del 30 maggio scorso, ha confermato “il parere urbanistico-territoriale-ambientale contrario alla proposta”. Parere negativo ribadito e rinforzato con la delibera di Giunta 581 del 6 giugno scorso nella quale si fa esplicito riferimento agli impatti che l’impianto avrebbe sulla salute delle persone e la qualità della vita e al fatto che l’area ha una vocazione ormai urbana. La conferenza dei servizi non potrà non tenerne conto.