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Agroalimentare Abruzzo, forum UniCredit e Gal Costa dei Trabocchi

Vasto. UniCredit in collaborazione con il Gal – Costa dei Trabocchi, ha organizzato un Forum dedicato al comparto agroalimentare nel quale è stato trattato il tema della transizione della filiera Agrifood tra sostenibilità e mercato con un focus sull’Abruzzo e sul Molise. L’incontro questa mattina a Palazzo d’Avalos e nel pomeriggio nella sede del GAL, sempre a Vasto.

Il Forum è una delle tappe di #italianEXPerience, un percorso di UniCredit dedicato all’export delle principali filiere del Made in Italy. La tappa di Vasto (Ch) ha incluso il Forum delle Economie e una serie di incontri B2B che hanno messo in contatto 7 buyer e oltre 40 seller grazie a un sistema di matching virtuale.

“La banca – ha sottolineato Roberto Fiorini, Regional Manager Centro di UniCredit – è impegnata a sostenere la crescita del territorio, quale facilitatore di sviluppo sostenibile e di innovazione. Le imprese dell’agrifood dell’Abruzzo e del Molise sono un target strategico di questa mission, in quanto motore dello sviluppo economico. Come UniCredit vogliamo sostenere l’economia di questo settore nella transizione verso nuovi modelli di sviluppo, fornendo supporto finanziario, prodotti e servizi e consulenza, incluse le attività connesse al PNRR”.

“Il rafforzamento della capacità di export delle imprese dell’agroalimentare abruzzese – ha dichiarato Roberto Di Vincenzo, Presidente del Gal Costa dei Trabocchi – è il perno di questa azione di sviluppo locale che il Gal Costa dei Trabocchi realizza grazie alla collaborazione con UniCredit. L’agroalimentare è infatti una componente fondamentale per la diffusione di una qualificata identità territoriale dell’Abruzzo nel mondo, presupposto anche di uno sviluppo turistico di qualità”.

Di seguito l’analisi Prometeia sulla filiera dell’Agrifood con focus sull’Abruzzo e sul Molise.
Circa 250 miliardi di euro di valore della produzione nel 2022 generati da 1,2 milioni di imprese e 1,5 milioni di addetti. Numeri che fanno dell’Agrifood italiano uno dei comparti produttivi più rilevanti dell’economia nazionale e protagonista di rilievo nel contesto dei principali produttori europei.

Con circa 6.4 miliardi di euro, l’Abruzzo e il Molise generano il 2.6% del fatturato dell’Agrifood italiano e vantano un’elevata specializzazione in diverse filiere del comparto. La diffusione delle imprese è estesa a tutte le province, con la provincia di Chieti che si distingue per il maggior numero di specializzazioni (dalle produzioni propriamente agricole alla produzione di olio, vino e pasta). Specializzazioni che fanno capo a 65 mila imprese, pari al 5.5 % del tessuto imprenditoriale dell’Agrifood nazionale, e oltre 68 mila addetti.

Una struttura produttiva che evidenzia tuttavia un gap dimensionale consistente rispetto alla media nazionale: la stragrande maggioranza delle oltre 65 mila imprese localizzate in Abruzzo e Molise dell’agrifood ha un fatturato inferiore a 2 milioni di euro (in particolare, nel comparto agricolo quelle che superano i 2 milioni di fatturato sono solamente 83). Un tessuto produttivo di piccole e piccolissime imprese che riveste però una grande rilevanza all’interno dei singoli territori, sia in termini produttivi che occupazionali, con punte superiori alla media regionale per le provincie di Chieti e di Teramo (circa il 10% dell’incidenza della produzione Agrifood sul totale dell’economia provinciale e superiori al 15% sui livelli occupazionali).

In termini di performance, le imprese abruzzesi e molisane hanno intercettato la ripresa della domanda post Covid e ottenuto buone performance sui mercati esteri (+9.3% la crescita media annua delle esportazioni abruzzesi, +19.2% di quelle molisane di agrifood nell’ultimo quinquennio, contro il +8.3% medio italiano). Un risultato conseguito in particolare grazie agli exploit dell’industria molitoria, della pasta e del vino. Sul fronte export, le regioni evidenziano tuttavia ancora importanti spazi di crescita, che potranno essere colti solamente superando i limiti dimensionali delle imprese che ostacolano un pieno accesso alle opportunità offerte dai mercati internazionali (solo il 2% dell’export italiano di Agrifood è originato nelle regioni Abruzzo e Molise). Un percorso necessario per avviare un circolo virtuoso di crescita, investimenti e produttività.

Sul fronte interno, il turismo e i consumi fuori casa hanno fornito un importante sostegno alla crescita del mercato interno della filiera, a fronte di consumi domestici, penalizzati dall’elevata inflazione. I numeri del turismo, in particolare, mostrano un trend positivo per l’Abruzzo, che già nel 2022 aveva quasi recuperato i livelli pre Covid e in un’ottica di lungo periodo incrementato sia le presenze sia la permanenza dei turisti, soprattutto stranieri. Un segnale importante nella direzione di intercettare non solo un turismo di passaggio o di prossimità ma anche esperienziale, con potenziali impatti positivi sulla filiera agroalimentare. L’attrattività del territorio si è arricchita negli ultimi anni di una formidabile infrastruttura nella provincia di Chieti, la Via Verde della Costa dei Trabocchi. Un volano dalle potenzialità enormi per attrarre nuovi turisti e mettere in connessione i territori che vi gravitano attorno, sostenendo lo sviluppo della filiera agroalimentare.

Le sfide per il futuro non riguardano però solamente il mercato, ma coinvolgeranno anche il modo di intendere l’attività agricola e di trasformazione degli alimenti. Motore della trasformazione è l’innovazione tecnologica, non solo destinata ad aumentare le rese, la produttività o le vendite (meccanizzazione, digitalizzazione dei processi aziendali e dei canali di marketing), ma intrecciata con la sua “gemella” ambientale, per ridurre l’impatto sull’ambiente delle attività agricole (attività che dal cambiamento climatico in atto sono le più colpite) e aumentare l’efficienza energetica e degli altri input (acqua in primis) di tutti i processi aziendali.

Sfide che, anche se percepite come imposte dall’attività legislativo-regolamentare a livello europeo, trovano un corrispettivo nelle nuova sensibilità della società, che mostra un crescente apprezzamento per i prodotti che dimostrino un reale impegno per la salvaguardia dell’ambiente, per le mete turistiche che sappiano coniugare vacanza e ricchezze culturali (a cui appartengono a buon titolo molte specialità agroalimentari) e paesaggistiche e che è sempre più preoccupata per i possibili effetti irreversibili del cambiamento climatico (soprattutto nelle nuove generazioni).

Il nuovo concetto di sostenibilità non si applica però solamente a parametri ambientali o finanziari, ma abbraccia tutto quanto possa garantire sviluppo alla filiera e al territorio in cui le imprese operano. Da questo punto di vista, segnali preoccupanti emergono dai dati dell’ultimo Censimento dell’Agricoltura, che mostrano un comparto agricolo che dovrà affrontare nei prossimi anni un importante ricambio generazionale e un innesto di nuove competenze specifiche. Per ogni conduttore/conduttrice agricolo sotto i 30 anni, in Italia ce ne sono 10 over 75 e solamente il 9% dei conduttore/conduttrici italiani hanno un titolo di studio inerente all’attività agraria. Abruzzo e Molise si collocano in fondo al ranking nazionale, segnalando un rilevante carico demografico che ne rallenta il ricambio formativo.

Sul fronte della parità di genere, poco ritardo in Abruzzo e soprattutto in Molise (rispettivamente con il 35% e il 40% delle aziende agricole guidate da donne); se si analizza la composizione per classi di età e specializzazione, tuttavia, emerge una situazione più problematica per le aziende guidate da conduttrici. L’integrazione dell’attività agricola con altre più di servizio (turismo, cultura), a forte presenza di imprenditoria femminile, potrebbe limitare i rischi di una consistente perdita di quote di aziende femminili.

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