Pescara. Non passa giorno in questo Paese che appena si parli dei balneari e del rinnovo delle concessioni balneari, subito inizia la polemica da parte di chi per partito preso attacca la categoria. L’ultima polemica è arrivata da un articolo uscito sul quotidiano “La Stampa”, dal titolo: Le coste italiane sventrate dai balneari, un disastro per l’ambiente e per l’economia. Spiace sentir dire che il disastro balneare dipende dalle strutture balneari costruite sulle zone costiere. Io credo. Credo che questa critica nei nostri confronti sia ingenerosa. Forse qualcuno dimentica che in passato sulle fasce costiere c’è stato un momento in cui nel periodo della speculazione edilizia, se vogliamo vedere il nostro Abruzzo, piccole case sono diventate ville o palazzi. Noi sia chiaro, non vogliamo entrare in polemica, ma dire che il disastro ambientale di cui si parla, è da imputare ai balneari mi sembra chiaramente ingeneroso. Direi invece – aggiunge il presidente della Sib Abruuzo – che probabilmente è accaduto il contrario e cioè che le strutture invece all’interno delle aree demaniali hanno garantito un servizio che non è solo quello del salvamento che per noi è un motivo di orgoglio, fatto a nostre spese, ma ripeto con orgoglio. Io invece mi riferisco al servizio che i balneari sono riusciti a garantire con continuità negli ultimi trent’anni e oltre. Le aziende balneari sono diventate nel tempo un punto di riferimento per la collettività e dunque tutta questa demagogia sulle strutture balneari sono ripeto ingenerose. Voglio poi aggiungere che in Abruzzo su 133 lm di costa balneabile, appena 40 km sono occupate dagli stabilimenti, ma anche questi tratti sono liberi e fruibili da tutti perché non mi sembra che ci siano cancelli, reti o recinzioni. I servizi sono a disposizione di tutti. Da noi anche nel periodo estivo non ci sono tornelli. Questo attacco nei confronti degli stabilimenti balneari mi sembra, lo ribadisco, ingiusto e ingeneroso anche perché stiamo cercando di dimostrare che siamo imprenditori utili alla cittadinanza, alla collettività e alla clientela extra alberghiera. Immaginiamo una struttura con di fronte una spiaggia non attrezzata e garantita. In una spiaggia libera molto frequentata possono esserci dei rischi.
Ma in Abruzzo poi non è vero poi che non ci sono spiagge libere. Ce ne sono a iosa e bisognerebbe stimolare le amministrazioni comunali. Facciamolo. Ci dicono che paghiamo un canone basso?
La riforma degli stabilimenti balneari deve passare in primis dalla riforma del canone demaniale. Lo ripetiamo da tempo, pensare alla riforma dei canoni demaniali con la mediazione tra la politica, le amministrazioni pubbliche e i balneari. Occorre poi infine – conclude Padovano – dare alle imprese balneari la loro natura giuridica come per esempio accade, per gli impianti di risalita”.